Diario
16 luglio 2008
In Italia non esiste la tortura, esiste il "diritto di polizia"
Tortura. Non è una formula impropria o sovrattono. Due anni di processo
a Genova hanno documentato - contro i 45 imputati - che cosa è accaduto
a Bolzaneto, nella caserma Nino Bixio del reparto mobile della polizia
di Stato nei giorni del G8, tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001, a
55 "fermati" e 252 arrestati. Uomini e donne. Vecchi e giovani. Ragazzi
e ragazze. Un minorenne.
Tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001.
Quella sospensione della democrazia in Italia resterà non giudicata. Chi ha commesso il fatto è stato "solo" l'ispettore Antonio Gugliotta, condannato a cinque anni di reclusione. A lui, e a pochi altri (24 su 45) viene addebitata intera la responsabilità per quei fatti. Nessuno sconterà la pena.
Vediamo cosa furono, questi fatti.
Un
colore diverso per ogni tortura, colori pastello, perchè la stonatura
col testo risulti EVIDENTE. PERCHE' C'E' QUALCOSA DI PROFONDAMENTE
STONATO, IN QUELLO CHE SI LEGGE:
C'è chi viene picchiato con stracci bagnati Chi sui genitali con un
salame, mentre steso sulla schiena è costretto a tenere le gambe aperte
e in alto C'è chi subisce lo
spruzzo del gas urticante-asfissiante Chi patisce lo spappolamento
della milza
D. arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare
nella "posizione della ballerina". Lo picchiano con manganello. Gli
fratturano le costole. Sviene. Quando ritorna in sé e si lamenta, lo
minacciano "di rompergli anche l'altro piede". Poi, gli innaffiano il
viso con gas urticante mentre gli gridano. "Comunista di merda".
C'è
chi ricorda un ragazzo poliomielitico che implora gli aguzzini di "non
picchiarlo sulla gamba buona".
S. P. viene condotto in un'altra stanza, deserta. Lo costringono a
denudarsi. Lo mettono in posizione fetale e, da questa posizione, lo
obbligano a fare una trentina di salti mentre due agenti della polizia
penitenziaria lo schiaffeggiano.
J. S., lo ustionano con un accendino.
Le donne sono costrette a restare a lungo nude dinanzi a cinque, sei
agenti della polizia penitenziaria. Dinanzi a loro, sghignazzanti, si
svolgono tutte le operazioni. Umilianti.
Una ragazza è stata
costretta a rimuovere il suo piercing vaginale con le mestruazioni
dinanzi a quattro, cinque persone
A L. K. hanno spruzzato sul viso del gas urticante. Vomita sangue.
Sviene. Rinviene sul lettino con la maschera ad ossigeno. Stanno
preparando un'iniezione. Chiede: "Che cos'è?". Il medico risponde: "Non
ti fidi di me? E allora vai a morire in cella!".
G. A. si stava facendo
medicare al San Martino le ferite riportate in via Tolemaide quando lo
trasferiscono a Bolzaneto. All'arrivo, lo picchiano contro un muretto.
Gli agenti sono adrenalinici. Dicono che c'è un carabiniere morto. Un
poliziotto gli prende allora la mano. Ne divarica le dita con due mani.
Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due "fino all'osso". G.
A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza
anestesia. G. A. ha molto dolore. Chiede "qualcosa". Gli danno uno
straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare.
Si
potrà parlare a lungo delle ragioni e dei torti, di come si svolsero i
fatti in quel tragico appuntamento di Genova. Se ne potrà parlare a
lungo, sì. Ma con una macchia: giustizia non è stata fatta. La sentenza dimostra che ci fu chi, dietro una divisa dello Stato italiano, torturò persone fermate o arrestate e quindi sotto tutela dello Stato. Ma la sentenza stessa adduce ad un solo sottoufficiale la responsabilità di tutto questo.
Esiste dunque un diritto di polizia, al quale ci affideremo se verremo fermati, cercando il poliziotto buono, quello che deciderà di concederci i nostri diritti, perchè il diritto dello Stato, dentro una caserma, non ci tutelerà.
Tutto ciò mi riporta alla vicenda di Aldo Bianzino,
e di tutti coloro che, entrati nelle carceri o nei commissariati dello
Stato, si sono trovati in assenza di uno stato di diritto e si sono
visti condannati senza giudizio. Alcuni, lasciandoci la vita.
18 marzo 2008
Aldo Bianzino, ucciso in carcere (un video, una lettera)
La storia è sempre quella di Aldo Bianzino, ne avevo parlato già in post precedenti.
Più sento parlare di questa storia, più si fa forte la rabbia per la profonda illogicità dei fatti. I fatti sono questi: Aldo
Bianzino era un artigiano umbro, viveva con la moglie e un figlio di 14
anni in campagna. E' stato arrestato insieme alla moglie per
coltivazione di cannabis, diverse piantine di maria rinvenute nel suo
campo alle spalle dell'abitazione. All'arrivo dei carabinieri Aldo
Bianzino ha tentato di scagionare la moglie, dicendo che erano per il
suo uso personale. Questo il reato: detenzione di piante di cannabis. I
due sono stati portati in cella. Poco dopo la moglie è stata chiamata
d'urgenza e interrogata. Le è stato chiesto di cosa soffrisse Aldo
Bianzino, perchè era stato trovato in cella in gravi condizioni. La
moglie non ha saputo rispondere, Aldo Bianzino era in perfetta salute
prima di entrare in carcere a Capanne. Riportata in gabbia, è stata
nuovamente chiamata d'urgenza e, stavolta, scarcerata. Posso vedere mio
marito, ha chiesto. Lo vedrà dopo l'autopsia, le è stato risposto. I
fatti sono così crudeli, così poco giustificabili da lasciare senza
parole. L'incredibile è anche che non vi siano ancora le risposte alle
ovvie domande che tutti ci poniamo. Aldo Bianzino aveva delle ferite
che lo stesso medico legale ha definito come inferte per uccidere.
Morire in carcere, senza un motivo, ovvero con motivo ancora da
accertare, con uno Stato incapace di proteggerti anche sotto la Sua
diretta custodia, nelle Sue carceri. C'è
un video a cura dello staff di Beppe Grillo. L'ho visto tutto, dura
circa 7 minuti ma è impossibile staccarsene prima. Parla la compagna di
Aldo Bianzino. Questa donna, per tutta l'intervista, NON VERSA UNA
LACRIMA, alla faccia dei Verissimo di casa nostra. Questa donna
racconta ciò che è accaduto, e basta. Ma occorre vederlo, questo video,
per rendersi conto. Va visto, tutto. Ecco il link: http://it.youtube.com/watch?v=-N3cNZCBDr4
Il
video termina con una domanda, che la donna, Roberta Radici, pone al
giudice: cosa dovrò raccontare a mio figlio, che ha perso suo padre a
14 anni. Così si può morire, dunque, nelle prigioni di Stato? Morire
perchè, nell'anno del Signore 2007, sei stato arrestato e portato in
carcere perchè tenevi qualche pianta di maria a casa tua, in campagna. Morire
così, quando, cazzo! intorno non c'è giustizia nè sicurezza, nè senso
dello Stato, nè solidarietà, qualcuno, per favore, ci spieghi il perchè
e il percome è morto Aldo Bianzino.
Segnalo questo link http://www.ciardullidomenico.it/BIBLIOTECA/bianzino_padre_interroga.htm La
lettera è dura nei contenuti, ma è la lettera di un padre a cui hanno
arrestato un figlio per possesso di marijuana e glielo hanno restituito
morto. Ucciso, mi permetto di dire. Occorre fare
chiarezza, per i suoi congiunti, ma anche per tutti noi che restiamo
scossi, profondamente scossi da questa tragedia senza spiegazioni.
FARE LUCE!
Aldo Bianzino
iotocco
| inviato da ioTocco il 18/3/2008 alle 18:54 | |
17 marzo 2008
Le violenze impunite del lager Bolzaneto
Oggi, su Repubblica, a firma D'Avanzo, c'è un lungo dossier sulle violenze al carcere di Bolzaneto.
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/g8-genova-2/notte-democrazia/notte-democrazia.html
Tortura. Non è una formula impropria o sovrattono. Due anni di processo
a Genova hanno documentato - contro i 45 imputati - che cosa è accaduto
a Bolzaneto, nella caserma Nino Bixio del reparto mobile della polizia
di Stato nei giorni del G8, tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001, a
55 "fermati" e 252 arrestati. Uomini e donne. Vecchi e giovani. Ragazzi
e ragazze. Un minorenne.
Tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001.
Il dibattito su quella sospensione della democrazia in Italia, che come ormai sappiamo resterà impunita, può risultare ormai anacronistico. Ma c'è gente, come me, che non ha alcuna voglia di dimenticare. Invito tutti a leggere l'articolo in questione, dunque.
Si potrà parlare a lungo delle ragioni e dei torti, di come si svolsero i fatti in quel tragico appuntamento di Genova. Se ne potrà parlare a lungo, sì. Ma con una macchia: giustizia non sarà fatta. Non nei confronti di chi, dietro una divisa dello Stato italiano, torturò persone fermate o arrestate e quindi sotto tutela dello Stato.
Un colore diverso per ogni tortura, colori pastello, perchè la stonatura col testo risulti EVIDENTE. PERCHE' C'E' QUALCOSA DI PROFONDAMENTE STONATO, IN QUELLO CHE SI LEGGE:
C'è chi viene picchiato con stracci bagnati Chi sui genitali con un
salame, mentre steso sulla schiena è costretto a tenere le gambe aperte
e in alto C'è chi subisce lo
spruzzo del gas urticante-asfissiante Chi patisce lo spappolamento
della milza
D. arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare
nella "posizione della ballerina". Lo picchiano con manganello. Gli
fratturano le costole. Sviene. Quando ritorna in sé e si lamenta, lo
minacciano "di rompergli anche l'altro piede". Poi, gli innaffiano il
viso con gas urticante mentre gli gridano. "Comunista di merda".
C'è
chi ricorda un ragazzo poliomielitico che implora gli aguzzini di "non
picchiarlo sulla gamba buona".
S. P. viene condotto in un'altra stanza, deserta. Lo costringono a
denudarsi. Lo mettono in posizione fetale e, da questa posizione, lo
obbligano a fare una trentina di salti mentre due agenti della polizia
penitenziaria lo schiaffeggiano.
J. S., lo ustionano con un accendino.
Le donne sono costrette a restare a lungo nude dinanzi a cinque, sei
agenti della polizia penitenziaria. Dinanzi a loro, sghignazzanti, si
svolgono tutte le operazioni. Umilianti.
Una ragazza è stata
costretta a rimuovere il suo piercing vaginale con le mestruazioni
dinanzi a quattro, cinque persone
A L. K. hanno spruzzato sul viso del gas urticante. Vomita sangue.
Sviene. Rinviene sul lettino con la maschera ad ossigeno. Stanno
preparando un'iniezione. Chiede: "Che cos'è?". Il medico risponde: "Non
ti fidi di me? E allora vai a morire in cella!".
G. A. si stava facendo
medicare al San Martino le ferite riportate in via Tolemaide quando lo
trasferiscono a Bolzaneto. All'arrivo, lo picchiano contro un muretto.
Gli agenti sono adrenalinici. Dicono che c'è un carabiniere morto. Un
poliziotto gli prende allora la mano. Ne divarica le dita con due mani.
Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due "fino all'osso". G.
A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza
anestesia. G. A. ha molto dolore. Chiede "qualcosa". Gli danno uno
straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare.
Tutto ciò mi riporta alla vicenda di Aldo Bianzino,
e di tutti coloro che, entrati nelle carceri o nei commissariati dello
Stato, si sono trovati in assenza di uno stato di diritto e si sono
visti condannati senza giudizio. Alcuni, lasciandoci la vita.
11 gennaio 2008
Aldo Bianzino, ucciso in carcere (video)
La storia è quella di Aldo Bianzino. Più sento parlare di questa storia, più si fa forte la rabbia per la profonda illogicità dei fatti. I fatti sono questi: Aldo
Bianzino era un artigiano umbro, viveva con la moglie e un figlio di 14
anni in campagna. E' stato arrestato insieme alla moglie per
coltivazione di cannabis, diverse piantine di maria rinvenute nel suo
campo alle spalle dell'abitazione. All'arrivo dei carabinieri Aldo
Bianzino ha tentato di scagionare la moglie, dicendo che erano per il
suo uso personale. Questo il reato: detenzione di piante di cannabis. I
due sono stati portati in cella. Poco dopo la moglie è stata chiamata
d'urgenza e interrogata. Le è stato chiesto di cosa soffrisse Aldo
Bianzino, perchè era stato trovato in cella in gravi condizioni. La
moglie non ha saputo rispondere, Aldo Bianzino era in perfetta salute
prima di entrare in carcere a Capanne. Riportata in gabbia, è stata
nuovamente chiamata d'urgenza e, stavolta, scarcerata. Posso vedere mio
marito, ha chiesto. Lo vedrà dopo l'autopsia, le è stato risposto. I
fatti sono così crudeli, così poco giustificabili da lasciare senza
parole. L'incredibile è anche che non vi siano ancora le risposte alle
ovvie domande che tutti ci poniamo. Aldo Bianzino aveva delle ferite
che lo stesso medico legale ha definito come inferte per uccidere.
Morire in carcere, senza un motivo, ovvero con motivo ancora da
accertare, con uno Stato incapace di proteggerti anche sotto la Sua
diretta custodia, nelle Sue carceri. C'è
un video a cura dello staff di Beppe Grillo. L'ho visto tutto, dura
circa 7 minuti ma è impossibile staccarsene prima. Parla la compagna di
Aldo Bianzino. Questa donna, per tutta l'intervista, NON VERSA UNA
LACRIMA, alla faccia dei Verissimo e delle vite in diretta di casa nostra. Questa donna
racconta ciò che è accaduto, e basta. Ma occorre vederlo, questo video,
per rendersi conto. Va visto, tutto. Ecco il link: http://it.youtube.com/watch?v=-N3cNZCBDr4
Il
video termina con una domanda, che la donna, Roberta Radici, pone al
giudice: cosa dovrò raccontare a mio figlio, che ha perso suo padre a
14 anni. Così si può morire, dunque, nelle prigioni di Stato? Morire
perchè, nell'anno del Signore 2007, sei stato arrestato e portato in
carcere perchè tenevi qualche pianta di maria a casa tua, in campagna. Morire
così, quando, cazzo! intorno non c'è giustizia nè sicurezza, nè senso
dello Stato, nè solidarietà, qualcuno, per favore, ci spieghi il perchè
e il percome è morto Aldo Bianzino.
Aldo Bianzino
| inviato da ioTocco il 11/1/2008 alle 10:29 | |
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