Diario
27 marzo 2008
PROGETTO BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
biografie
| inviato da ioTocco il 27/3/2008 alle 8:9 | |
26 marzo 2008
presentazione al pubblico del PROGETTO BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
Ricordo, a chi volesse esserci, stasera, la presentazione al pubblico del PROGETTO BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
MERCOLEDI’ 26 MARZO 2008
PRESSO la SALA POLIVALENTE dell’ASSOCIAZIONE CA’ BURA VIA DELL’ARCOVEGGIO N° 59/8 (ALL’INTERNO DEL PARCO DEI GIARDINI) – BOLOGNA
Al termine della relazione - conferenza del dott. Gabriele Raimondi (ore 20,45) sul tema Vivere le emozioni attraverso il corpo, dal titolo “E’ proprio mio il corpo che indosso”,
sarà ufficialmente presentato, a cura di Marco Tocco e Mauro Daviddi, il progetto BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
Ingresso gratuito

Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla. Lui l’aveva una… buona storia. Lui era la sua buona storia.
A. Baricco - Novecento
biografie
| inviato da ioTocco il 26/3/2008 alle 8:46 | |
25 marzo 2008
E se Di Pietro diventasse Ministro della Giustizia, cosa farebbe?
Ovvero, proposte per un futuro Ministro Guardasigilli.
Su Repubblica di oggi, articolo a firma Liana Milella, c'è un'intervista a Di Pietro che, a parte le immancabili polemiche politiche, ho trovato interessante nel quadro propositivo.
La domanda è: se diventasse Guardasigilli, cosa farebbe? Di Pietro: Un paio di decisioni nei primi 100 giorni. Aumento del 30% delle risorse finanziarie per la sicurezza col taglio del finanziamento pubblico dei partiti e dei giornali di partito per trovare le risorse. Aumento del 30% del personale di supporto dei magistrati riqualificando chi sta in Enti da dismettere. Restituirei ai poliziotti, carabinieri e finanzieri le funzioni di polizia giudiziaria e sicurezza liberandoli da quelle amministrative, di rappresentanza e vigilanza fissa. Leggi ad personam? Abrogherei la ex Cirielli bloccando la prescrizione dopo il rinvio a giudizio. Ridurrei da 3 a 2 i gradi di giudizio dando al giudice, dopo il primo grado, la facoltà dell'esecuzione provvisoria in base alla gravità dei fatti e alla pericolosità dell'imputato per evitare che la gente esca per decorrenza termini. Sono norme delle prime 100 ore che qualsiasi Guardasigilli dovrà mettere al primo posto.
Dunque questa è la ricetta per Di Pietro. Io credo che siano delle riforme attuabili, di cui il nostro sistema giudiziario ha fame. Le metto in evidenza, perchè mi sembrano i risultati di minima da perseguire per chiunque sarà il futuro ministro della giustizia. E' inutile scandalizzarsi e chiedere più giustizia (giustizialismo) quando i fatti accadono, se la spina dorsale del nostro sistema non regge più. Come cittadini dobbiamo impegnarci affinchè questa minima riforma del nostro sistema giudiziario venga fatta, con o senza Di Pietro. Deve essere un impegno di tutti. Il nostro impegno dovrà essere quello di fare pressione sul prossimo Ministro, con tutti i metodi democratici che abbiamo. Io ho preso nota.
18 marzo 2008
Aldo Bianzino, ucciso in carcere (un video, una lettera)
La storia è sempre quella di Aldo Bianzino, ne avevo parlato già in post precedenti.
Più sento parlare di questa storia, più si fa forte la rabbia per la profonda illogicità dei fatti. I fatti sono questi: Aldo
Bianzino era un artigiano umbro, viveva con la moglie e un figlio di 14
anni in campagna. E' stato arrestato insieme alla moglie per
coltivazione di cannabis, diverse piantine di maria rinvenute nel suo
campo alle spalle dell'abitazione. All'arrivo dei carabinieri Aldo
Bianzino ha tentato di scagionare la moglie, dicendo che erano per il
suo uso personale. Questo il reato: detenzione di piante di cannabis. I
due sono stati portati in cella. Poco dopo la moglie è stata chiamata
d'urgenza e interrogata. Le è stato chiesto di cosa soffrisse Aldo
Bianzino, perchè era stato trovato in cella in gravi condizioni. La
moglie non ha saputo rispondere, Aldo Bianzino era in perfetta salute
prima di entrare in carcere a Capanne. Riportata in gabbia, è stata
nuovamente chiamata d'urgenza e, stavolta, scarcerata. Posso vedere mio
marito, ha chiesto. Lo vedrà dopo l'autopsia, le è stato risposto. I
fatti sono così crudeli, così poco giustificabili da lasciare senza
parole. L'incredibile è anche che non vi siano ancora le risposte alle
ovvie domande che tutti ci poniamo. Aldo Bianzino aveva delle ferite
che lo stesso medico legale ha definito come inferte per uccidere.
Morire in carcere, senza un motivo, ovvero con motivo ancora da
accertare, con uno Stato incapace di proteggerti anche sotto la Sua
diretta custodia, nelle Sue carceri. C'è
un video a cura dello staff di Beppe Grillo. L'ho visto tutto, dura
circa 7 minuti ma è impossibile staccarsene prima. Parla la compagna di
Aldo Bianzino. Questa donna, per tutta l'intervista, NON VERSA UNA
LACRIMA, alla faccia dei Verissimo di casa nostra. Questa donna
racconta ciò che è accaduto, e basta. Ma occorre vederlo, questo video,
per rendersi conto. Va visto, tutto. Ecco il link: http://it.youtube.com/watch?v=-N3cNZCBDr4
Il
video termina con una domanda, che la donna, Roberta Radici, pone al
giudice: cosa dovrò raccontare a mio figlio, che ha perso suo padre a
14 anni. Così si può morire, dunque, nelle prigioni di Stato? Morire
perchè, nell'anno del Signore 2007, sei stato arrestato e portato in
carcere perchè tenevi qualche pianta di maria a casa tua, in campagna. Morire
così, quando, cazzo! intorno non c'è giustizia nè sicurezza, nè senso
dello Stato, nè solidarietà, qualcuno, per favore, ci spieghi il perchè
e il percome è morto Aldo Bianzino.
Segnalo questo link http://www.ciardullidomenico.it/BIBLIOTECA/bianzino_padre_interroga.htm La
lettera è dura nei contenuti, ma è la lettera di un padre a cui hanno
arrestato un figlio per possesso di marijuana e glielo hanno restituito
morto. Ucciso, mi permetto di dire. Occorre fare
chiarezza, per i suoi congiunti, ma anche per tutti noi che restiamo
scossi, profondamente scossi da questa tragedia senza spiegazioni.
FARE LUCE!
Aldo Bianzino
iotocco
| inviato da ioTocco il 18/3/2008 alle 18:54 | |
17 marzo 2008
Le violenze impunite del lager Bolzaneto
Oggi, su Repubblica, a firma D'Avanzo, c'è un lungo dossier sulle violenze al carcere di Bolzaneto.
http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/g8-genova-2/notte-democrazia/notte-democrazia.html
Tortura. Non è una formula impropria o sovrattono. Due anni di processo
a Genova hanno documentato - contro i 45 imputati - che cosa è accaduto
a Bolzaneto, nella caserma Nino Bixio del reparto mobile della polizia
di Stato nei giorni del G8, tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001, a
55 "fermati" e 252 arrestati. Uomini e donne. Vecchi e giovani. Ragazzi
e ragazze. Un minorenne.
Tra venerdì 20 e domenica 22 luglio 2001.
Il dibattito su quella sospensione della democrazia in Italia, che come ormai sappiamo resterà impunita, può risultare ormai anacronistico. Ma c'è gente, come me, che non ha alcuna voglia di dimenticare. Invito tutti a leggere l'articolo in questione, dunque.
Si potrà parlare a lungo delle ragioni e dei torti, di come si svolsero i fatti in quel tragico appuntamento di Genova. Se ne potrà parlare a lungo, sì. Ma con una macchia: giustizia non sarà fatta. Non nei confronti di chi, dietro una divisa dello Stato italiano, torturò persone fermate o arrestate e quindi sotto tutela dello Stato.
Un colore diverso per ogni tortura, colori pastello, perchè la stonatura col testo risulti EVIDENTE. PERCHE' C'E' QUALCOSA DI PROFONDAMENTE STONATO, IN QUELLO CHE SI LEGGE:
C'è chi viene picchiato con stracci bagnati Chi sui genitali con un
salame, mentre steso sulla schiena è costretto a tenere le gambe aperte
e in alto C'è chi subisce lo
spruzzo del gas urticante-asfissiante Chi patisce lo spappolamento
della milza
D. arriva nello stanzone con una frattura al piede. Non riesce a stare
nella "posizione della ballerina". Lo picchiano con manganello. Gli
fratturano le costole. Sviene. Quando ritorna in sé e si lamenta, lo
minacciano "di rompergli anche l'altro piede". Poi, gli innaffiano il
viso con gas urticante mentre gli gridano. "Comunista di merda".
C'è
chi ricorda un ragazzo poliomielitico che implora gli aguzzini di "non
picchiarlo sulla gamba buona".
S. P. viene condotto in un'altra stanza, deserta. Lo costringono a
denudarsi. Lo mettono in posizione fetale e, da questa posizione, lo
obbligano a fare una trentina di salti mentre due agenti della polizia
penitenziaria lo schiaffeggiano.
J. S., lo ustionano con un accendino.
Le donne sono costrette a restare a lungo nude dinanzi a cinque, sei
agenti della polizia penitenziaria. Dinanzi a loro, sghignazzanti, si
svolgono tutte le operazioni. Umilianti.
Una ragazza è stata
costretta a rimuovere il suo piercing vaginale con le mestruazioni
dinanzi a quattro, cinque persone
A L. K. hanno spruzzato sul viso del gas urticante. Vomita sangue.
Sviene. Rinviene sul lettino con la maschera ad ossigeno. Stanno
preparando un'iniezione. Chiede: "Che cos'è?". Il medico risponde: "Non
ti fidi di me? E allora vai a morire in cella!".
G. A. si stava facendo
medicare al San Martino le ferite riportate in via Tolemaide quando lo
trasferiscono a Bolzaneto. All'arrivo, lo picchiano contro un muretto.
Gli agenti sono adrenalinici. Dicono che c'è un carabiniere morto. Un
poliziotto gli prende allora la mano. Ne divarica le dita con due mani.
Tira. Tira dai due lati. Gli spacca la mano in due "fino all'osso". G.
A. sviene. Rinviene in infermeria. Un medico gli ricuce la mano senza
anestesia. G. A. ha molto dolore. Chiede "qualcosa". Gli danno uno
straccio da mordere. Il medico gli dice di non urlare.
Tutto ciò mi riporta alla vicenda di Aldo Bianzino,
e di tutti coloro che, entrati nelle carceri o nei commissariati dello
Stato, si sono trovati in assenza di uno stato di diritto e si sono
visti condannati senza giudizio. Alcuni, lasciandoci la vita.
15 marzo 2008
A un mese dalle elezioni, un ricordo di Alexander Langer
Consigli su una lettura
istruttiva per ogni coscienza civile che si appresta ad eleggere o ad essere
eletta
Pubblicato su Romareporter: http://www.romareporter.it/index.php?sez=articolotuttogue&id=8112

A un mese dalle nuove elezioni, devo
ancora una volta cercare dentro di me le motivazioni profonde che mi spingano a
recarmi a votare. Non è disamore per la politica, piuttosto un sentimento di
disgusto per i nostri politici, che si contenderanno ancora l’Italia a suon di
promesse vuote e slogan riciclati.
Ho bisogno, dicevo, di ritrovare le ragioni che mi avevano
portato ad amare la politica e a riconoscerla come via primaria per il
progresso, per il cambiamento e lo sviluppo.
Mi ha soccorso, in questo percorso, un libro, trovato per
caso negli scaffali di una nota libreria. Il titolo del libro è: In viaggio con
Alex, la vita e gli incontri di Alexander Langer (1946 - 1995) scritto da Fabio
Levi ed edito da Feltrinelli.

E’ un bel libro, sentito; l’autore ha raccolto decine di
testimonianze, documenti, scritti, ed ha percorso tutta l’esistenza di Langer,
il suo pensiero, le ragioni umane e politiche, non sempre scindibili, del
personaggio. Nella parte centrale, forse, il libro eccede per puntiglio nella
ricostruzione del lavoro politico e intellettuale e la lettura si fa un po’
ostica, rallentando la capacità di attenzione.
Ma è una difficoltà che il lettore riesce a superare
agevolmente, se solo si lascia affascinare dalla figura di Alex Langer.
Langer è stato, ancor prima che un politico, un uomo di grande
coerenza, un mediatore naturale abituato a muoversi nel conflitto. E’ stato un politico
militante, che, come scriveva lui stesso, ha “attraversato le esperienze del
pacifismo, della sinistra cristiana, del ’68 (già da grande), dell’estremismo
degli anni ’70, del sindacato, della solidarietà con il Cile e con l’America Latina,
col Portogallo, con la Palestina, della nuova sinistra, del localismo, del
terzomondismo e dell’ecologia”.
Langer lottava con passione per la pace tra i popoli, per
l’integrazione tra Nord e Sud del mondo, portando slancio e idee, iniziative
concrete e solidarietà. Era caparbio, ma mai ostile; anzi: aveva come dote una
grande, quasi unica, capacità di ascolto e di contatto. Era un tessitore di
relazioni.
Ma quello che colpisce di più è il suo profondo crederci, la
sua buona fede nella politica, che lo ha spinto a consumarsene, a sentire su di
sé il peso di responsabilità troppo grandi.
Il suo cruccio, negli anni che hanno preceduto l’atto finale
e tragico del suicidio, era quello di non avere fatto abbastanza, di non avere portato
a termine le sue missioni.
E’ impossibile, leggendo la storia di quest’uomo esile,
miope, fragile eppure tenace, non rivolgere poi lo sguardo alla pochezza dei
tanti, troppi protagonisti della scena politica attuale. E’ impossibile,
pensando a come Langer e altri uomini come lui hanno inteso il loro mandato
politico davvero per il bene dei popoli, non provare disgusto pensando
all’affarismo bieco di chi ci ha governato e si prepara a governarci ancora.
Ai nostri politici, che preparano le loro liste candidando
gente a caso, solo per poter acchiappare qualche voto in più, consiglio
vivamente la lettura di questo libro, istruttivo per ogni coscienza civile che
si appresta ad eleggere o ad essere eletta.

Per chi non sapesse chi è Alexander Langer, traggo brevi note
biografiche da Wikipedia:
http://it.wikipedia.org/wiki/Alexander_Langer
Alexander Langer, nato a Vipiteno nel
1946 e con profonde radici nel Sud Tirolo, e morto a Firenze nel 1995, è stato
un politico ed un giornalista, tra i fondatori del partito dei Verdi italiani e
promotore di numerosissime iniziative per la pace, la convivenza, i diritti
umani e l’ambiente. Inoltre è stato anche l'ultimo direttore del quotidiano Lotta
Continua.
Tra le
tematiche al centro della sua attenzione intellettuale e del suo agire politico
erano la situazione nell'Alto-Adige ed in particolare il
rapporto tra le diverse comunità linguistiche; le problematiche internazionali,
il rapporto tra Nord e Sud del mondo, la situazione dei paesi dell'Europa dell'Est e i
problemi di convivenza nelle aree di crisi; gli interrogativi sul senso e la
dinamica dell'unificazione europea.
Altrettanto fondamentale ed innovativo
fu il contributo dato alle tematiche ambientali e al suo movimento, fu tra i
fondatori negli anni ottanta del movimento politico dei Verdi in Italia
ed in Europa. Viene eletto al Parlamento Europeo per la prima volta nel 1989 divenendo il primo
presidente del gruppo parlamentare dei Verdi. Viene rieletto nel 1994.
Langer ha dedicato negli ultimi anni
della sua vita un particolare impegno alle ragioni della pace nei territori
dell'ex-Jugoslavia segnati da
violente guerre civili, in particolare nella Bosnia-Erzegovina,
dove in alcuni suoi scritti indicò la necessità dell'intervento della comunità
internazionale tramite una forza dell'ONU per far cessare il
conflitto.
Il 3 luglio del 1995 si tolse la vita
nella campagna toscana, nei pressi di Firenze; ai familiari e agli amici lasciò
un breve biglietto che recitava: "Non siate tristi, continuate in ciò che
era giusto.". Riposa nel piccolo cimitero di Telves (BZ), accanto ai suoi genitori.
12 marzo 2008
Dal fronte

Oggi c’è un sole che invita. Abbiamo deciso di fare una gita, io e Vicè, come ai vecchi tempi. Solo
che ci siamo subito ricordati, io e Vicè, di non avere mai fatto gite,
o forse appena una buona in trent’anni. E per quanto oggi avessimo
stabilito di spingerci lontano, siamo arrivati solo a Porticello, che è
a mezz’ora da Palermo. Rieccoci coi nostri limiti: quelli del nord, i continentali, sono più abituati alle distanze, non c’è niente da fare. Però Porticello posto di mare è, e il sole oggi ne incornicia ogni angolo. Tutto sommato va bene qui. Gli devo fare leggere una montagna di roba e un altro tanto gliene devo raccontare; io e Vicè non ci vediamo da due mesi. Lui
metterà in scena uno spettacolo al teatro Garibaldi (quello resuscitato
dalle bombe e dai furti alla Magione) e ha bisogno di una rete da
lampara per allestire la scenografia. Ma come viene viene, scendiamo
dalla macchina e ci troviamo davanti il villaggio dei pescatori, e i
pescherecci, e il sole che luccica sul mare e questa massa immobile e
sempre in movimento, che alla fine mi viene un’illuminazione: Vicè,
fottiamocene di tutto, arte e teatro, e andiamo in trattoria a farci
una mangiata di pesce. Ci accomodiamo da ZA MARIA, CA CU S’ASSITTA
S’ARRICRIA e ordiniamo un frittomisto calamari e gamberi annaffiato da
un bianco d’Alcamo. Poi ci lasciamo tentare da un’insalata di mare
(taliasse ‘stu purpu, have l’occhi azzurri) e dalle seppioline affogate. E
davanti a me, al tavolo di fronte, c’è un tizio che mangia ch’è un
piacere, solo, Rajban scuri, intorno portate d’ogni tipo e natura. E
mentre mangia, si dimentica del mondo. Vicè! Potrebbe essere lui, Salvo Montalbano di Vigàta, in trattoria. Solo chi ha letto e sa, potrebbe capirmi. E Vicè non ha letto e non sa, non mi capisce, anche se ci tenta. Il
conto però: di quello Camilleri non ha mai scritto. Sessantacinquemila
lire, e tanto meglio non pensarci più. Anche perché è ora di darci da
fare. Dopo la sigaretta digestiva, Vicè si avvicina a un uomo su una
lapa. Vicè chiede all’uomo sulla lapa se lui per caso, essendo che è
pescatore, non è conto che abbia con sé un pezzo di lampara o di
tramaglio da darci, previo pagamento. Non ci comprende, e poi lui il
pesce lo vende soltanto. Gli dico: Vicè, più deciso devi essere, sei un direttore artistico, un impresario! Individuiamo
un gruppo di uomini vestiti alla pescatora, che rammendano le reti.
Vicè parte con passo rapido e sicuro e gli si para davanti. A parte
il fatto che questi sembrano incazzati già così. Ma poi te li vedi
tirare le fila di questa massa di rete di cui non s’intuisce né
l’inizio né la fine, e invece loro ne indovinano ogni buco pirtuso, e
sembra che, se li distrai anche solo per un attimo, poi non ci si
raccapezzeranno più. Picciotti. Che si dice? Mi sirbisse n’anticchia di ‘sta rete… e io penso: Vicè, non così, così è troppo! …Pi ‘na cosa di tiatru. Uno
di loro, il più scuro, a quella parola si scioglie come un ascaretto al
sole. Teatro! Guarda il mio amico dalla sigaretta ad angolo bocca, poi
mira a due ragazzini lì accanto e dispone, secco: Carusi, ‘iti a
grapiri ‘u magasènu. Alla fine, in macchina con noi ci sale magari
lui a grapiri ‘u magasènu, e tra me e me penso che con questi due
teatranti è un modo come un altro per arrotondare la giornata. Tempo
fa, dovendo descrivere il protagonista del mio nuovo racconto,
scrivevo: “sguardo mobile, viso corrotto dal sole”, e mi chiedevo poi
se corrotto non fosse una parola troppo forte per indicare uno che col
sole ci sta a tu per tu. Non lo è. Se adesso dovessi descrivere
l’uomo seduto dietro di noi, direi: viso corrotto dal sole. Ma a
proposito dello sguardo? Il suo è cupo, non ci si entra. Vicè, preso
com’è dalla sua parte d’impresario del Teatro Garibardi di Palermo,
promette biglietti gratis a tutti (Vicè, ma lo spettacolo non è
gratuito a prescindere?). Io, per attaccare discorso, provo a buttare
lì una domanda, gli chiedo se non occorre una santa pazienza a
trafficare con quelle reti. Il suo sguardo stracancia, un attimo è
fierezza, l’attimo dopo si fa cielo terso. Non so fermare in un’unica
immagine questi due occhi di bestia sirbaggia, un po’ film neorealista
e un po’ cartone animato. Arrivati al magazzino, l’uomo afferra una
massa di rete e ci fa segno di caricarcela. Io e Vicè ci guardiamo come
a chiederci: ma quanto ci viene a costare? e l’impresario fa capire
all’uomo che non è che poi dobbiamo addobbare l’intero teatro. Ce ne
basta un metro o due. Questa è rete di lampara, non s’infradicia, ci
spiega l’uomo dopo averla caricata in macchina e, quando Vicè gli
chiede, con voce cantilenante forte e decisa: Allora, quant’è per il
disturbo? lui mette su la maschera del siciliano offeso e amareggiato
perché non ti sei accorto che di regalo si trattava. Poi m’offre un
cafè, risponde. Al ritorno gli chiedo di parlarmi del suo lavoro. Lei
nel mare non ci può entrare. Non ci capisce nenti. E come dargli torto:
cosa sua è, cosa sua rimane. Io del mare in fondo non so nulla, io
cittadino col mare a telecomando. Il caffè, alla fine, quasi
dobbiamo pregarlo per offrirglielo. Vicè, impresario dal cuore tenero,
ripete al gruppo: E allora, vi aspetto tutti, per voi è gratis!
(aridaglie Vicè) e poi li salutiamo. Uno, distratto, chiede
all’altro accanto: Ma zocc’hannu a fari cu ‘sta rete?, e l’altro lo
sento rispondere: U tiatru, con un’inconfondibile punta d’orgoglio che
per me significa “e noi li abbiamo aiutati”. Ma che ne sanno loro dell’arte, loro che solo mare vedono? Ne sanno, ne sanno. E noi? Muti come due pesci, da Porticello fino a Palermo. Come
sempre dovrò rinviare i miei due mesi di novità. Io e Vicè, alla fine,
non ci siamo detti niente, e ora gli dovrò pure raccontare di quella
volta, quei pescatori.
11 marzo 2008
LEGGIAMO BENE LE UOVA
Impariamo a leggere il codice presente sul guscio di tutte le uova.Sul guscio il codice riporta la storia del prodotto immesso sul
mercato, con il luogo di provenienza e il tipo di allevamento, aiutando così il consumatore ad una scelta d'acquisto più consapevole.
Dall'aprile 2004, con legge Alemanno, è obbligatoria l'indicazione del
sistema di allevamento, da riportare per esteso, sugli imballaggi
nonchè la timbratura di un codice alfanumerico sulle uova
(tracciabilità) identificativo del sistema di allevamento praticato e
dell'azienda produttrice, anche nel caso di vendita di uova sfuse,
classificate.
I sistemi di allevamento sono codificati come segue:
0 = biologico
1 = all'aperto
2 = a terra
3 = in gabbia
Molti di noi sono sensibili a quest'ultima definizione, conoscendo le terribili sofferenze e deprivazioni a cui sono sottoposte le galline da allevamento in gabbia. Il prodotto di una gallina che soffre, difficilmente tra l'altro sarà un buon prodotto, in quanto la gallina è molto più esposta a malattie. Saper leggere il codice delle uova, in modo da non comprare più uova di galline allevate in gabbia, costringerà presto gli allevatori a cambiare metodi di allevamento, accellerando un processo che è già in atto, ma che si dovrebbe concludere, salvo imprevisti, solo nel 2012.


9 marzo 2008
Centenario Inter, 9 marzo 1908
100 ANNI INTER IL 9 MARZO 1908NASCEVA IL CLUB NEROAZZURRO!
Buon compleanno INTER mille di questi giorni

centenario inter
9 marzo 1908
| inviato da ioTocco il 9/3/2008 alle 0:2 | |
6 marzo 2008
presentazione al pubblico del PROGETTO BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
Cari lettori, visitatori casuali, interessati, partecipanti, tutti, insomma… Sono lieto di annunciarvi la data di presentazione al pubblico del PROGETTO BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
MERCOLEDI’ 26 MARZO 2008
PRESSO la SALA POLIVALENTE dell’ASSOCIAZIONE CA’ BURA VIA DELL’ARCOVEGGIO N° 59/8 (ALL’INTERNO DEL PARCO DEI GIARDINI) – BOLOGNA
Al termine della relazione - conferenza del dott. Gabriele Raimondi (ore 20,45) sul tema Vivere le emozioni attraverso il corpo, dal titolo “E’ proprio mio il corpo che indosso”,
sarà ufficialmente presentato, a cura di Marco Tocco e Mauro Daviddi, il progetto BIOGRAFIE DELLA GENTE COMUNE
Ingresso gratuito

Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla. Lui l’aveva una… buona storia. Lui era la sua buona storia.
A. Baricco - Novecento
biografie
| inviato da ioTocco il 6/3/2008 alle 13:27 | |
4 marzo 2008
Il corpo di padre Pio, ovvero il feticismo della fede
Il corpo di Padre Pio è stato tirato fuori dal posto in cui riposava da 40 anni. «E l’abbiamo trovato quasi intatto», ha detto l’arcivescovo Domenico D’Ambrosio. Si vedono ancora le sopracciglia, la
barba, le mani con le unghie «come se fosse appena passato dal
manicure», ha scherzato monsignore. E' un atto di salvezza, dunque. Ma non del corpo, che è morto. Salvezza del business! Leggo dal sito del Corsera: "Con il Giubileo, Pietrelcina, 29 mila abitanti, ha fatto il passo più
lungo della gamba: gli alberghi erano 15, ma con i fondi speciali per
il 2000 sono diventati 140. Nuovi, puliti, carini. E quasi sempre vuoti." Insomma, bisogna riempirli, sti alberghi. Bisogna rinforzare la fede delle persone, che vedranno, quindi crederanno. E' sempre più una religione che si rinnova in atti feticisti, che nulla hanno a che vedere con il Dio della fede. "Avessimo aspettato ancora lo avremmo perso" diceva un altro. E invece, in questo modo, lo abbiamo ancora, e presto potremo ammirarlo nelle sue fattezze di cadavere. E che non si dica di Padre Pio "riposi in pace"!
3 marzo 2008
La scomparsa del grande tenore Giuseppe Di Stefano
La scomparsa del tenore Di Stefano

LA NOTIZIA: Il tenore Giuseppe Di Stefano, 86 anni, è morto oggi alle
5 del mattino. Era in coma da diverso tempo. Il 3
dicembre 2004 rimase ferito durante un'aggressione nella sua
casa a Mombasa, in Kenia. Ricoverato in ospedale, le sue condizioni si
dimostrarono più gravi di quanto apparso in un primo momento. Quattro
giorni dopo, il 7 dicembre data di apertura della stagione alla Scala,
entrò in coma e il 23 dicembre venne trasportato in Italia dove però non si riprese mai più fino al decesso avvenuto oggi. Nato a Motta
S.Anastasia (provincia di Catania) il 24 luglio 1921, Di Stefano
debuttò nel 1946 a Reggio Emilia e l'anno successivo alla Scala di
Milano. Nel 1948 era già al Metropolitan di New York nel Rigoletto. Formò una formidabile coppia con Maria
Callas sui palcoscenici lirici di tutto il
mondo. I due avevano cantato insieme per la prima volta nel 1951 nella Traviata a San Paolo del Brasile.
IL CORDOGLIO:
Non voglio essere
retorico, forse un po' lirico, nel dire che se ne è andato il più grande tenore
mai esistito. Grande, immenso Di Stefano! Grande come la sua voce, di cui ha
abusato da uomo generoso quale era.
La sua voce si distingue
da quelle degli altri tenori, per la bellezza, per il timbro, per il calore e
la forza espressiva, che rapisce ed emoziona.
Mi sono innamorato di
Giuseppe Di Stefano quando ho conosciuto la lirica, ma è difficile capire se
sia venuto prima l’amore per la musica lirica o quello per la voce di Di
Stefano. Avevo sentito la sua Tosca, il SUO Cavaradossi.
Di Stefano era ben
lontano dal tecnicismo di Pavarotti, e mentre Pavarotti ha potuto cantare fino
alla fine, grazie alla sua tecnica perfetta, Di Stefano no! era sanguigno,
pronto a cantare per la gioia di farlo, senza preoccuparsi di preservare il suo
strumento.
L'ho incontrato nel 1993:
ero in strada, a Palermo, lui terminava un concerto a cui non avevo i soldi per
assistere e l'ho atteso nel foyeur del teatro, come si fa coi grandi artisti,
col libretto della Tosca in mano per chiedergli l'autografo.
Il concerto aveva avuto
un buon successo di pubblico, nonostante la sua voce fosse ormai tutt’altro che
perfetta, e lui si fosse ritirato da tempo dalla scena lirica.
Detesto pensare a Di
Stefano come al tenore che cantò con la Callas. No, Di Stefano è Di Stefano,
grande coppia insieme alla Callas, per carità, ma tenore di enorme spessore già
da solo.
E' come se, incontrando
Julia Roberts, le chiedi com'è Richard Gere!
No! Di Stefano è Di
Stefano, e nell'incontrarlo avrei avuto mille cose da dirgli o domandargli. Mi
è uscito dalla bocca un soffio, troppa emozione. Lui ha capito, mi ha sorriso,
mi ha tranquillizzato. Era con la moglie e con lo staff.
Per un attimo ho voluto credere che l'incontro avesse emozionato anche
lui. Non ricordo proprio cosa ci siamo detti, mi ha lasciato una foto autografa
personalizzata e il mio libretto d'opera, diventato un pezzo unico, un pezzo del
mio cuore.
Addio Maestro.
Pubblicato su Romareporter il 04/03/2008 http://www.romareporter.it/index.php?sez=articolotuttogue&id=7743
2 marzo 2008
Riina Jr. a passeggio. Salvuccio rientra a Corleone.
Il figlio del boss torna a casa!
   Bello e griffato, Salvatore Riina, terzogenito di Totò u curtu e nipote di Bagarella, condannato in appello a 8 anni e 10 mesi per mafia e scarcerato giovedì dalla Cassazione per scadenza dei termini di custodia cautelare, è tornato a Corleone, il suo regno, il regno dei Riina. E' già scandaloso così. Senonchè interviene il commento dell'attuale Ministro della Giustizia Luigi Scotti, che esclude qualsiasi possibilità di pronto intervento sulla situazione, ma promette un controllo "per vedere se ci sono stati ritardi non giustificati" e poi chiede "scusa agli italiani per questi ritardi della giustizia"
Scuse non accettate, caro Ministro! Il 6 novembre del 2007, all'indomani dell'arresto dei Lo Piccolo, veniva pubblicato a pagina 4 di Repubblica un articolo a firma Bolzoni, dal titolo "Cosa Nostra senza un capo". Sottotitolo: "Dopo Riina e Provenzano al potere una generazione di nuovi mafiosi. Ecco i nomi". In particolare l'ottimo Bolzoni fa i nomi dei boss del futuro: PIETRO TAGLIAVIA di Brancaccio, GIANNI NICCHI di Pagliarelli, e SALVO RIINA di Corleone. Ma come? mi chiedo: Salvo Riina grazie a dio è in galera! Poi leggo nell'articolo, (il 6 novembre dello scorso anno!): ... Il terzo è Salvo Riina, classe 1977, .... fra qualche settimana in libertà. La Cassazione gli ha annullato la condanna.
Della scarcerazione di Riina Jr. si sapeva quindi da novembre. C'era tutto il tempo di porre rimedio con un decreto legge ad hoc, come si era fatto nel '91 per riportare in cella una trentina di boss scarcerati per decorrenza dei termini. La delusione è doppia, caro Ministro. Il precedente Governo ha smantellato il codice penale, questo Governo ha avuto i riflessi lenti come un bradipo.
I Ministri rivendicano sempre come successi gli arresti eccellenti che sono il successo del lavoro di funzionari delle Forze dell'Ordine fedeli allo Stato, qualunque colore abbia. E' quello lo Stato che fa sempre il proprio dovere. E che ora dovrà occuparsi daccapo di SALVO RIINA di Corleone.
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